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mercoledì 26 giugno 2019

ALL'INTERNO DI UN LAGO MERAVIGLIOSO

Amo passeggiare, ma soprattutto amo contemplare. Osservando un tramonto invernale, oppure in estate al riparo tra gli alberi dal calore intenso, troppo intenso del Sole o in primavera quando i rami del salice abbracciano la palla rossa del Sole stesso. L'osservazione e la contemplazione sono ancora più belle davanti ad un lago, piccolo o grande che sia. Per questo motivo approfitto della gentilezza di qualche persona amica per andare a Viverone, di qualche gita giornaliera sul Lago Maggiore, sul Lago d'Orta, quelli più vicini alla mia zona di residenza. Ma vi siete mai chiesti quando passeggiate, quando osservate e sempre se contemplate cosa nasconde un lago?? Qual è la vita al suo interno?? Come si svolge?? La spiegazione c'è, seppur scientifica, e non esiste posto migliore del Lago Blu di Cervinia per raccontarvi di come i colori cambiano nelle fotografie che vedete spesso e quindi di come varia un semplice ciclo di scambio di nutrienti, essenziali per la vita.

Partiamo dall'inverno. Una fredda mattina di fine dicembre chiesi all'autista della navetta di Cielo Alto di lasciarmi gentilmente alla fermata del Lago Blu. A questo signore sorge subito un dubbio e mi rivolge spontaneamente una domanda: ma perché?? Non esiste il Lago Blu. In effetti non è una considerazione sbagliata. Non si può notare un lago quando tutto è meravigliosamente candido ricoperto di bianco. Forse con gli attuali cambiamenti climatici, si noterà e purtroppo anche a breve ma per ora viviamo ancora in questo mondo magico che ci porta via dalla tristezza e dal dolore. Il lago c'è, eccome se c'è!! Siamo solo nella cosidetta fase di ipolimmio, lo strato di acqua più profondo tipicamente invernale,  in cui l'acqua più fredda si trova sotto il ghiaccio. Si chiama anche zona afotica perché totalmente buia. In questo periodo il contenuto di ossigeno scarseggia. Ai suoi lati è tutto delimitato, la prudenza è comunque d'obbligo e nel procedere con cautela non si può fare a meno di comtemplare angoli di puro e immenso candore. 
























L'inverno del Breuil, solitamente lungo, finisce verso l'inizio di maggio con una repentina primavera, molto veloce ma comunque regale. Non possiamo aspettarci un'esplosione di fiori vista la quota, 2050 metri sul livello del mare, ma siamo giunti alla fase in cui la temperatura aumenta al di sopra dei 4°C e si crea un mescolamento di acqua che distribuisce il calore in maniera uniforme. Mano a mano la temperatura sale fino ad arrivare all'estate quando si crea la zona di epilimnio, la fase che riceve la maggior parte della radiazione solare, lo strato più caldo e ricco di ossigeno, adatto per la vita degli animali. Le sostanze presenti nell'acqua sono la principale causa del cambiamento di colore, così come la tipologia di roccia e i sedimenti da azzurro a smeraldo intenso. Si crea in questo modo la zona fotica, ricca di luce, dove può avvenire il processo di fotosintesi. Luce beatissima, luce soave, geometrie perfette. Lo specchio del Re, il Cervino.


































Lo strato intermedio tra ipolimnio ed epilimnio si chiama termoclino caratterizzato dalla variazione massima di temperatura. La diminuzione della temperatura stessa, dell'ossigeno, dei nutrienti è graduale, così come graduale è il passaggio verso l'autunno la stagione di massimo splendore per il Lago Blu. Il regno della poesia, della solitudine e della magia. L'inverno arriverà molto presto, quanta nostalgia di quei giorni quando eravamo tutti insieme. 



























Come è bella e meravigliosa la contemplazione nella pace più assoluta. Ci si allontana da ogni rumore, da ogni pensiero triste, dal male. Seppur breve, un riflesso, un colore dona tanto amore, un sentimento profondo proprio come profondo è questo lago, un sentimento che sì può finire ma che comunque è sempre vincente e trionfante su qualsiasi cosa, anche sull'odio. Sono visioni idilliache, il simbolo che la speranza non deve mai essere persa. Fermiamoci un attimo quindi a riflettere anche noi tra i riflessi e a contemplare quanto sublimi sono i doni di Madre Natura. Siamo troppo di corsa, troppo egoisti forse per pensare a quanto di bello e prezioso regna intorno a noi.



sabato 11 maggio 2019

IL PRINCIPIO DELL'USO E DEL NON USO

Cari amici,

mi allontano in questo pomeriggio malinconico e tempestoso dalle solite puntate artistico-fotografiche per concentrare l'attenzione su fatti quotidiani, reali, maledettamente tristi. 

Il lavoro di cui mi vergogno terribilmente, la professione docente, rimane al giorno d'oggi, specialmente se svolta all'interno di istituti tecnici e/o professionali, una delle più umilianti in assoluto contrariamente a quanto si possa credere dall'esterno. Certo come molti sostengono, si lavora poco, si hanno tre mesi di ferie (in questi tre mesi esami di stato, corsi di recupero, esami di superamento dei debiti in agosto), pomeriggi liberi (non contate i collegi docenti, i consigli di classe, le riunioni dei coordinatori improvvisate, i colloqui durante i quali ormai bisogna essere armati). Ora vi chiederete: ma perché questo titolo?? Semplice, in questi giorni ho dovuto spiegare per brevi minuti, perché se li superi rischi la morte o di affaticare troppo, le teorie dell'evoluzione di Lamarck e di Darwin. Al primo si deve proprio il principio dell'uso e del non uso di un organo: dice la teoria, un organo si sviluppa quanto più è utilizzato e regredisce quanto meno è sollecitato e successivamente, i caratteri acquisiti vengono trasmessi alla progenie.

Durante questo anno scolastico difficile e destinato sempre più a peggiorare mi verrebbe da chiedermi se questo principio sia davvero valido. Queste "persone" già troppo rispetto nel chiamarle tali, sviluppano molto bene le dita nell'uso dei loro dispositivi portatili per ore e ore  regredendo così i loro neuroni. Eppure, in questo tipo di istituti, sono inattaccabili. Tutto nella norma, sono brave persone. Lo Stato li tutela per bene, così come tutela coloro che sfornano 6 figli e tornano subito ad esercitare nel luogo di appartenenza, così come coloro che vivono a chilometri di distanza e hanno famigliari da assistere, tutti meno la sottoscritta, per lei a quanto pare l'assistenza famigliare non è valida. I governanti quella mattina si sono alzati male. Perciò si è costretti a convivere con l'involuzione della specie, come direbbe Darwin se fosse qui con noi. Per fortuna non c'è, si è risparmiato una sofferenza atroce. Immaginate di rimanere fissi ad un PC o a un telefono cellulare a chattare o giocare con la playstation tutto il pomeriggio, senza mai uscire, senza mai guardare la TV. Il cervello, in questo modo, non viene più utilizzato. Ma come si può vivere così??  Senza istruzione. Se Lamarck avesse ragione queste "persone" avrebbero tutti figli da crescere senza alcun interesse per la vita quotidiana. Come si potrebbe contrastare questo fenomeno?? Distribuendo preservativi?? Come è bella la vita quando si imparano cose nuove, quando si incontrano sul proprio percorso insegnanti, quella con la I maiuscola, non "professorucoli" montati, leccapiedi, devoti alle competenze e a pagliacciate d'aula completamente diversi da quelli che trasmettono l'amore per la propria materia. Io ho avuto la fortuna di incontrarne una. Come sono belle le giornate trascorse all'interno di un museo, di una sala conferenze,  all'ascolto di artisti, letterati, scienziati che dedicano il loro tempo a organizzare iniziative per promuovere la cultura, cosa che, soprattutto nei paesi piccoli disprezzano. Per poi lamentarsi che non c'è niente di nuovo. Ormai tutto questo è una lotta per la sopravvivenza. Una lotta continua che per colpa dei reality e dei messaggi sbagliati lanciati dai social e dai multimedia si rischia di perdere. E chi perde si estingue. Ci vorrebbe una rivoluzione, e a questa parola o si è derisi o si rischia la denuncia per apologia del fascismo. Continuino pure a ridere, quando poi si giungerà ad episodi di violenza estrema ecco che allora lo Stato assassino cercherà di correre ai ripari. Come nel caso del rogo del Monte Bianco o del ponte Morandi. Prima le vittime poi la messa in sicurezza (forse). Straziante ormai leggere e vedere che le cose non vengono mai capite, neppur messe per iscritto. L'estinzione della cultura è alle porte, l'estinzione del bene, non ci possiamo adattare a questo ambiente, rideteci sopra quanto volete. Madre Natura, sempre benevola con chi la adora, ponga presto fine a tutte queste sofferenze.

Arrivederci cari amici. 


IN VISITA A... S.ALESSANDRO IN ZEBEDIA

Milano, 5 maggio 2019

In una zona defilata dal centro di Milano, nell'omonima piazza sorge la chiesa di S.Alessandro in Zebedia. In stile rinascimentale l'edificio è il simbolo di congiunzione tra il manierismo e il primo barocco lombardo.


La navata sinistra inizia con la Pala di Procaccini con il Crocifisso accanto al quale emergono i dettagli dei fedeli addolorati prostrati in adorazione e preghiera




e prosegue con la Pala dell'Assunta iniziata da Cittadini e completata dal nipote nel 1669. La Vergine Assunta in cielo dagli angeli è sempre opera di Procaccini, autore anche della Natività, commissionata da Federico Borromeo, con luci ed ombre che accentuano il misticismo delle scene. 



Spettacolare il pulpito barocco fissato al pilastro con pietre dure e incastonate e la cornice lobata nel pannello centrale. I melograni simboleggiano la dolcezza della parola di Dio e sono posti ai lati e alla base della tribuna. 





Sulla destra la cappella di San Pancrazio, povera di decorazioni con affreschi sciupati di Domini Riccardi del 1608. L'altare, in marmo rossiccio, presenta al centro la Pala di San Pancrazio realizzata da Ossona nella seconda metà del XVII secolo, l'angelo posto in alto è simbolo del Martirio. Si notano poco le scene ritraenti la vita di San Pancrazio, uno stile misterioso con colori molto scuri risalenti al 1600, di Corona. 


Angeli, Santi e Magi in Adorazione li troviamo anche negli affreschi di Caccia del 1614.



Imponente invece l'altare in marmo della cappella di San Giuseppe del 1615 con lapidi in memoria della benefattrice Balbi Cusani. La Pala raffigura San Giuseppe con la Madonna e il bambino, Santa Elisabetta con Giovanni e Zaccaria, il Padre Eterno e lo Spirito Santo sotto forma di colomba. Sia la Pala che gli affreschi e le tele con le scene della morte del Santo sono opere dei fratelli Santagostino. 


Grazie al contributo dei fratelli Sacco nel 1619 è stata eretta la cappella di San Giovanni Battista con la Pala di Crespi del 1630 che mostra il Santo in ginocchio con donne in piedi e soldati alle spalle. 


Al termine della navata centrale l'altare di Riccardi del 1640 con sfondo di lapislazzuli e alto rilievo in bronzo. Non abbiamo ancora citato S.Alessandro finora. Come mai? Il suo trionfo è raffigurato sulla cupola, datato 1687, autore Bianchi. 





Bellissimo, raffinato ed elegante l'organo del transetto, copia integrale di uno strumento di Silbermann del 1721 a Lipsia. 


Una fusione di stili preziosi, di arte misteriosa e poco conosciuta lontano dalla vita quotidiana e monotona della metropoli. Non si finisce mai di imparare, questa è la bellezza dell'Arte. 

venerdì 12 aprile 2019

IN VISITA A.... LA MAGNA CHARTA A VERCELLI - GUALA BICCHIERI E IL SUO LASCITO

Vercelli, 5 aprile 2019.

In occasione degli 800 anni della Basilica di S.Andrea omaggiata con una bellissima funzione spirituale e illuminata con una brillante tonalità di rosso lo scorso 19 febbraio, la città di Vercelli ha l'onore di ospitare il documento della Magna Charta Libertatum presso l'ex Chiesa di San Marco, ora ARCA sede di bellissimi affreschi del 400.





Il documento appartiene alla cattedrale inglese di Hereford. Procedendo con ordine all'ingresso del complesso si possono ammirare i Biscioni, codici in pergamena del XII della Biblioteca civica vercellese, simbolo dell'insediamento universitario nella città e il coltello eucaristico, oggetto raro nella cultura e nella liturgia medievale. Di forma lanceolata, veniva impiegato nel taglio del pane durante la Celebrazione della Messa. Esso proviene dal Castello Sforzesco di Milano.






















In fondo alla sala ecco nella luce tenebrosa la Magna Charta, il documento latino concesso dal Re Giovanni Senzaterra ai baroni ribelli del Regno nel 1215 al quale contribuì non solo il cardinale vercellese Guala Bicchieri ma anche il vescovo di Hereford che faceva fronte alla ribellione dei baroni. 




Si tratta di un documento inerente la regolazione dell'aumento delle tasse, i rapporti tra Stato  e Chiesa, la libertà di commercio ma soprattutto è noto in quanto elenca i diritti del popolo e stabilisce che chiunque ha diritto a un processo equo. 


Dichiarato in un primo tempo nullo dal Re, intervenne il cardinale Guala Bicchieri a sostegno del Regno nel 1216 contro i baroni, e in seguito alla morte di Giovanni ci fu una nuova versione di tale documento con il Re Enrico III di cui Guala Bicchieri era tutore, con la successiva approvazione del Papa Innocenzo nel 1217. Grazie a questo trattato vennero gettate le basi dello stato di diritto e si instaurò un legame indissolubile con la storia e il territorio di Vercelli.

La visita si conclude con la serie di medaglioni raffiguranti creature fantastiche;









le lettere al Velabro del 1227 scritte da Pelagio, Vescovo di Albano e dai cardinali Tommaso di Santa Sabina e Pietro di San Giorgio per comunicare una parte del testamento del cardinale;



la pergamena annessa ad una cassa contenente presumibilmente le ossa del cardinale stesso,


il cofano a lui appartenuto proveniente da Palazzo Madama di Torino, originario di Limoges prodotto con materiale prezioso e raffinato tra il 1220 e il 1225.


Una figura di spicco, di grande cultura e grande intuito quella del cardinale Guala Bicchieri a cui la città di Vercelli deve moltissimo se in Europa la Basilica di S.Andrea da lui fatta erigere nel 1219 è la seconda dopo l'abbazia di Westminster a Londra per il bellissimo stile gotico. Ci auguriamo vivamente che le istituzioni locali continuino sempre e non solo in questi mesi di propaganda elettorale a promuovere la cultura e l'arte incentivando anche le proposte di residenti seri, preparati e motivati, senza abuso di potere e arroganza. Le città, seppur piccole, hanno bisogno di iniziative formative ed educative per non incombere in periodi di inattività e inerzia intollerabili che molto spesso costringono le persone alla fuga. Guala Bicchieri ne sia un esempio.