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sabato 11 maggio 2019

IL PRINCIPIO DELL'USO E DEL NON USO

Cari amici,

mi allontano in questo pomeriggio malinconico e tempestoso dalle solite puntate artistico-fotografiche per concentrare l'attenzione su fatti quotidiani, reali, maledettamente tristi. 

Il lavoro di cui mi vergogno terribilmente, la professione docente, rimane al giorno d'oggi, specialmente se svolta all'interno di istituti tecnici e/o professionali, una delle più umilianti in assoluto contrariamente a quanto si possa credere dall'esterno. Certo come molti sostengono, si lavora poco, si hanno tre mesi di ferie (in questi tre mesi esami di stato, corsi di recupero, esami di superamento dei debiti in agosto), pomeriggi liberi (non contate i collegi docenti, i consigli di classe, le riunioni dei coordinatori improvvisate, i colloqui durante i quali ormai bisogna essere armati). Ora vi chiederete: ma perché questo titolo?? Semplice, in questi giorni ho dovuto spiegare per brevi minuti, perché se li superi rischi la morte o di affaticare troppo, le teorie dell'evoluzione di Lamarck e di Darwin. Al primo si deve proprio il principio dell'uso e del non uso di un organo: dice la teoria, un organo si sviluppa quanto più è utilizzato e regredisce quanto meno è sollecitato e successivamente, i caratteri acquisiti vengono trasmessi alla progenie.

Durante questo anno scolastico difficile e destinato sempre più a peggiorare mi verrebbe da chiedermi se questo principio sia davvero valido. Queste "persone" già troppo rispetto nel chiamarle tali, sviluppano molto bene le dita nell'uso dei loro dispositivi portatili per ore e ore  regredendo così i loro neuroni. Eppure, in questo tipo di istituti, sono inattaccabili. Tutto nella norma, sono brave persone. Lo Stato li tutela per bene, così come tutela coloro che sfornano 6 figli e tornano subito ad esercitare nel luogo di appartenenza, così come coloro che vivono a chilometri di distanza e hanno famigliari da assistere, tutti meno la sottoscritta, per lei a quanto pare l'assistenza famigliare non è valida. I governanti quella mattina si sono alzati male. Perciò si è costretti a convivere con l'involuzione della specie, come direbbe Darwin se fosse qui con noi. Per fortuna non c'è, si è risparmiato una sofferenza atroce. Immaginate di rimanere fissi ad un PC o a un telefono cellulare a chattare o giocare con la playstation tutto il pomeriggio, senza mai uscire, senza mai guardare la TV. Il cervello, in questo modo, non viene più utilizzato. Ma come si può vivere così??  Senza istruzione. Se Lamarck avesse ragione queste "persone" avrebbero tutti figli da crescere senza alcun interesse per la vita quotidiana. Come si potrebbe contrastare questo fenomeno?? Distribuendo preservativi?? Come è bella la vita quando si imparano cose nuove, quando si incontrano sul proprio percorso insegnanti, quella con la I maiuscola, non "professorucoli" montati, leccapiedi, devoti alle competenze e a pagliacciate d'aula completamente diversi da quelli che trasmettono l'amore per la propria materia. Io ho avuto la fortuna di incontrarne una. Come sono belle le giornate trascorse all'interno di un museo, di una sala conferenze,  all'ascolto di artisti, letterati, scienziati che dedicano il loro tempo a organizzare iniziative per promuovere la cultura, cosa che, soprattutto nei paesi piccoli disprezzano. Per poi lamentarsi che non c'è niente di nuovo. Ormai tutto questo è una lotta per la sopravvivenza. Una lotta continua che per colpa dei reality e dei messaggi sbagliati lanciati dai social e dai multimedia si rischia di perdere. E chi perde si estingue. Ci vorrebbe una rivoluzione, e a questa parola o si è derisi o si rischia la denuncia per apologia del fascismo. Continuino pure a ridere, quando poi si giungerà ad episodi di violenza estrema ecco che allora lo Stato assassino cercherà di correre ai ripari. Come nel caso del rogo del Monte Bianco o del ponte Morandi. Prima le vittime poi la messa in sicurezza (forse). Straziante ormai leggere e vedere che le cose non vengono mai capite, neppur messe per iscritto. L'estinzione della cultura è alle porte, l'estinzione del bene, non ci possiamo adattare a questo ambiente, rideteci sopra quanto volete. Madre Natura, sempre benevola con chi la adora, ponga presto fine a tutte queste sofferenze.

Arrivederci cari amici. 


IN VISITA A... S.ALESSANDRO IN ZEBEDIA

Milano, 5 maggio 2019

In una zona defilata dal centro di Milano, nell'omonima piazza sorge la chiesa di S.Alessandro in Zebedia. In stile rinascimentale l'edificio è il simbolo di congiunzione tra il manierismo e il primo barocco lombardo.


La navata sinistra inizia con la Pala di Procaccini con il Crocifisso accanto al quale emergono i dettagli dei fedeli addolorati prostrati in adorazione e preghiera




e prosegue con la Pala dell'Assunta iniziata da Cittadini e completata dal nipote nel 1669. La Vergine Assunta in cielo dagli angeli è sempre opera di Procaccini, autore anche della Natività, commissionata da Federico Borromeo, con luci ed ombre che accentuano il misticismo delle scene. 



Spettacolare il pulpito barocco fissato al pilastro con pietre dure e incastonate e la cornice lobata nel pannello centrale. I melograni simboleggiano la dolcezza della parola di Dio e sono posti ai lati e alla base della tribuna. 





Sulla destra la cappella di San Pancrazio, povera di decorazioni con affreschi sciupati di Domini Riccardi del 1608. L'altare, in marmo rossiccio, presenta al centro la Pala di San Pancrazio realizzata da Ossona nella seconda metà del XVII secolo, l'angelo posto in alto è simbolo del Martirio. Si notano poco le scene ritraenti la vita di San Pancrazio, uno stile misterioso con colori molto scuri risalenti al 1600, di Corona. 


Angeli, Santi e Magi in Adorazione li troviamo anche negli affreschi di Caccia del 1614.



Imponente invece l'altare in marmo della cappella di San Giuseppe del 1615 con lapidi in memoria della benefattrice Balbi Cusani. La Pala raffigura San Giuseppe con la Madonna e il bambino, Santa Elisabetta con Giovanni e Zaccaria, il Padre Eterno e lo Spirito Santo sotto forma di colomba. Sia la Pala che gli affreschi e le tele con le scene della morte del Santo sono opere dei fratelli Santagostino. 


Grazie al contributo dei fratelli Sacco nel 1619 è stata eretta la cappella di San Giovanni Battista con la Pala di Crespi del 1630 che mostra il Santo in ginocchio con donne in piedi e soldati alle spalle. 


Al termine della navata centrale l'altare di Riccardi del 1640 con sfondo di lapislazzuli e alto rilievo in bronzo. Non abbiamo ancora citato S.Alessandro finora. Come mai? Il suo trionfo è raffigurato sulla cupola, datato 1687, autore Bianchi. 





Bellissimo, raffinato ed elegante l'organo del transetto, copia integrale di uno strumento di Silbermann del 1721 a Lipsia. 


Una fusione di stili preziosi, di arte misteriosa e poco conosciuta lontano dalla vita quotidiana e monotona della metropoli. Non si finisce mai di imparare, questa è la bellezza dell'Arte.